Un viaggio in Basilicata raccontato da Eleonora e Andrea

Il Parco del Pollino

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Da Maratea a Lauria

Lasciata la caletta di Maratea, riprendiamo l’auto per dirigerci verso l’interno della Basilicata. Facciamo sosta a Laurìa: vedendola dal basso ci ispira e siamo attratti da una chiesetta che si innalza sul colle fuori dal paese, accanto alle rovine di una vecchia torre. Cercando di raggiungerla saliamo sul colle sopra al borgo e troviamo un cancello chiuso che dà sulla statale, dal quale parte un lungo viottolo a tornanti che scende fino al santuario. Lasciamo l’auto ed entriamo a piedi dal piccolo passaggio a lato del cancello. Grandi istallazioni di legno di una festa popolare colorano il viottolo e i coriandoli di un matrimonio celebrato da poco danno allegria al verde prato antistante la chiesa. Il panorama da questo terrazzamento è splendido.

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Castelluccio Superiore e Viggianello

A Castelluccio Superiore – e alla gemella Castelluccio Inferiore – facciamo solo una tappa rapidissima.
Ci dirigiamo verso Viggianello, dove dormiremo per questi due giorni nel Parco del Pollino. Dopo che una vespa riesce ad entrarmi nella maglietta e a pungermi due volte, arriviamo in questa fresca cittadina nel cuore del parco naturale più grande d’Europa. Il ragazzo della Pro-loco a cui chiediamo qualche informazione non sembra avere la testa su questo pianeta. Ha lo sguardo stranito e le mani costantemente nei pantaloni. Una bambina sovrappeso risponde al telefono senza accorgersi che è collegato via bluetooth a un impianto che manda musica in tutta la piazza, così sentiamo tutti la conversazione con la madre.

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Viggianello e il Mercure

Dopo un breve giro ci fermiamo al minimarket del paese, gestito dalla madre della bambina rotondetta, che ci riconosce e ci saluta mentre si ingozza di merendine. Arrivati all’appartamento, la prima cosa che ci dice il gentilissimo proprietario Francesco è di non spendere soldi in acqua, dato che a 500 metri c’è la fonte del Mercure, dove si può attingere gratuitamente l’acqua che la San Benedetto imbottiglia poco più a valle. Ci guardiamo pensando alla bottiglia San Benedetto appena acquistata al minimarket. Grazie a Francesco e alle sue mappe riusciamo a programmare un itinerario per il giorno successivo, mentre la serata viene allietata da una cover band di Pausini, Nannini e Modà, tutti cantati con un “leggerissimo” accento lucano. Di Lucano noi preferiamo l’amaro, che ci concilia il sonno dopo la giornata di viaggio.

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Trekking sul Pollino

La domenica mattina il trekking ci aspetta: ci svegliamo presto e alle 9 siamo già a Colle Impiso, da dove inizieremo la nostra camminata. I sentieri sono segnati benissimo e non abbiamo problemi a seguire il percorso nel bosco fino a Piano Gaudolino, una valle erbosa alla base del Monte Pollino. Il sole è alto, ma fra gli alberi si sta d’incanto. Questa seconda parte del percorso è più dura: dopo essere scesi da 1573m a 1453 ed essere risaliti fino ai 1684 del Piano, adesso ci aspetta una ripida salita fino ai 2248m della cima. Anche in alto si sentono risuonare forte i campanacci delle mucche di cui è piena la vallata. Il bosco finisce di botto, lasciando spazio alle rocce e ai pini loricati, che sprezzanti delle condizioni impervie continuano a crescere su queste cime. Le montagne lucane sono le uniche, oltre ai Balcani, su cui cresce questa specie di pino, così chiamato per la corteccia che ricorda la lorice (armatura) degli antichi romani. Uno strapiombo impressionante ci toglie il fiato: il vento ci spettina e la vista si perde in un panorama mozzafiato. Ma non siamo ancora in cima.

Il Parco del Pollino

In cima

Prima dell’ultimo tratto di salita sentiamo delle voci: sul pendio dal lato opposto della vallata c’è una coppia che litiga: le urla risuonano fra le montagne e sentiamo tutto nonostante la grande distanza. Un ragazzo tedesco ci chiede di tradurgli la scenata. Noi ce la ridiamo per il dramma familiare letteralmente “gridato ai 4 venti”. Dalla cima il panorama è grandioso: vediamo il blu del Mar Tirreno, la Calabria, il grande azzurro dello Jonio e persino il profilo della Puglia. Siamo appagati, felici. I panini con gorgonzola e melanzane sono la fine del mondo dopo la fatica provata, mentre la birra ci stende definitivamente. Scendendo facciamo amicizia con un branco di mucche e scopriamo un piccolo rifugio di legno nel quale chiunque può fermarsi e trovare l’essenziale per passare una notte sui monti. Un rifugio attrezzato più a valle, invece, ci fa scoprire un liquore di erbe di montagna talmente buono che ne compriamo una bottiglia da portare a casa.

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Ritorno al Mercure

La fonte del Mercure è uno specchio d’acqua limpidissima e ghiacciata, che dà sollievo ai piedi nei pochi secondi in cui ce li immergiamo. Passare da qui prima di rientrare è stata un’ottima idea. Andiamo a cena alle 21.30, unico orario a cui è stato possibile prenotare alla Masseria Campo Le Rose, consigliataci da Francesco. La cena è uno spettacolo: per due ore consecutive ci vengono serviti antipasti di ogni tipo, a base soprattutto di prodotti della stessa azienda agricola, che gustiamo col vino della casa (ci specificano che non vendendolo non ci mettono solfiti, per cui se ne può bere a volontà senza rischiare il mal di testa). Facciamo amicizia con quelli del tavolo accanto, fratello e sorella con la moglie Danese di lui e il biondo pargoletto. Fra una chiacchiera e un piatto tipico, alle 23.30 ci facciamo portare delle tagliatelle tartufo e porcini che sono la fine del mondo, seguite dal dolce e dal digestivo al finocchietto selvatico. Il conto di 35€ totali (esatto! Totali! Non a testa!) per una cena così ricca e piacevole, con il cuoco che veniva al nostro tavolo scusandosi per non averci accudito nel migliore dei modi e mandandoci piatti su piatti di prelibatezze, ci fa davvero sgranare gli occhi. Ancora una volta, la Basilicata ci sorprende.

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Grazie a Andrea Cuminatto e Eleonora Burroni
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